di Laura Gavazzi, Principal Accuracy
Nell’attuale panorama economico alcune società operanti in settori labour intensive (e.g, logistica, sorveglianza e GDO) hanno fatto ricorso al sistema delle cooperative le quali hanno assunto un ruolo cruciale nell’intermediazione della domanda di lavoro.
Tale ricorso, al di là delle implicazioni economiche, ha comportato conseguenze legali e reputazionali, principalmente a causa di un inadeguato sistema di monitoraggio, sollevando questioni cruciali riguardanti la tutela dei diritti dei lavoratori e la responsabilità delle imprese committenti.
Come evidenziato in numerosi casi di cronaca, la mancanza di modelli organizzativi efficaci, insieme a programmi di audit interni spesso carenti, ha favorito la proliferazione di catene di cooperative poco trasparenti che non solo trascuravano i diritti dei lavoratori, ma anche gli obblighi fiscali e contributivi, generando gravi problemi legali ed etici.
Benché si presentassero come vere e proprie appaltatrici di servizi, la realtà delle cooperative si è rivelata molto più simile a meri serbatoi di manodopera con avvicendamenti e trasferimenti di manodopera dall’una all’altra per eludere i controlli delle attività giudiziarie.
Si è trattato, dunque, di un meccanismo, vestito da “pseudo” appalto, che permetteva di poter beneficiare di larga manodopera a basso costo accompagnata da evidenti risparmi di imposta. I reati contestati alle imprese sono stati:
- caporalato e sfruttamento di manodopera (ex Art. 603 bis del c.p.);
- reati tributari in relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previste dall’art. 2 del D. Lgs. 74/2000 (ex Art. 25 quinquies decies del D. Lgs. 231/2001) – e.g. deduzione illecita di iva sui servizi di appalto simulato in capo alle aziende e omissioni del versamento dell’iva e degli oneri previdenziali e assistenziali e false fatturazioni in capo alle cooperative di cui le aziende si servivano.
Nel complesso contesto aziendale, è naturale che sorgano interrogativi: si conoscono le cooperative di cui ci si avvale? Esistono controlli adeguati per prevenire tali situazioni? E, nel caso, quali sono le misure concrete da adottare?
La prevenzione è la chiave essenziale ed implica un approccio proattivo e strategico nella gestione della catena di fornitura; inoltre, è imperativa per mantenere elevati standard di trasparenza e per identificare e affrontare i rischi potenziali, fungendo anche da deterrente contro situazioni critiche.
Un solido modello organizzativo 231, corredato da protocolli chiari che delineino la struttura aziendale e la gestione dei processi sensibili è essenziale, così come un rigoroso codice di condotta da far adottare a tutti i fornitori (che definisca i principi fondamentali relativi a requisiti e responsabilità sociali, ambientali e integrità aziendale).
È cruciale un’accurata valutazione del rischio e/o della criticità emersa attraverso figure dotate della necessaria esperienza (e.g. giuristi, consulenti in materia di corporate intelligence e finanziaria). Questo processo comporta diversi passaggi fondamentali:
- ricostruzione della problematica e delle modalità di gestione dei servizi da queste fornite
- attività di corporate intelligence per approfondire la struttura societaria, i principali attori, la reputazione, gli indicatori finanziari delle cooperative coinvolte
- revisione e/o implementazione di una procedura di qualifica, selezione e monitoraggio dei fornitori
- due diligence della catena di fornitura finalizzata alla verifica dell’adempimento degli obblighi, inclusi quelli fiscali e previdenziali, contrattualmente assunti con le cooperative
Questi sono e sono stati i passaggi per affrontare le sfide legate all’utilizzo di cooperative da parte di gruppi e mitigare i rischi associati.
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