SUMMARY

Editoriale

Integrated Due Diligence: un mosaico di competenze per ridurre i rischi
Recenti esperienze dimostrano che le aziende e i fondi di private equity hanno modificato il loro approccio nell’analisi dei “target”, nel contesto dei loro nuovi investimenti.
L’attenzione si è spostata sugli investimenti sostenibili, cioè su quelle aziende che, per il loro approccio, apportano un contributo positivo alla società. Ad esse, possono essere applicati elementi misurabili e non misurabili come criteri per identificare rendimenti finanziari competitivi a lungo termine e un impatto sociale positivo.
Tale approccio induce a una rinnovata metodologia di valutazione di un target di investimento poiché, da un lato, la correttezza dei dati finanziari e, dall’altro, la qualità e fattibilità delle ipotesi di business plan, non rappresentano più i soli fattori critici da considerare nell’ambito di una decisione di investimento. Nuovi elementi di valutazione hanno acquisito una maggiore centralità: un adeguato modello di monitoraggio e gestione dei rischi di frode e corruzione, protocolli operativi che rispecchino la moralità dell’acquirente e un corretto processo di selezione dei fornitori sono, tra gli altri, fattori oggi necessari per il mantenimento di una catena del valore etica e sostenibile.
Pertanto, l’attività di due diligence a supporto di una decisione di investimento deve essere sartorialmente disegnata al fine di verificare i requisiti della società target. Tutto ciò si traduce nella consapevolezza che la due diligence finanziaria e commerciale “standard” ormai non sono più sufficienti a direzionare le decisioni di investimento. Infatti, gli investitori richiedono con frequenza sempre maggiore due diligence multidisciplinari al fine di acquisire una visione più globale e poliedrica delle società target. Il concetto di Integrated due diligence combina, tra le altre, competenze contabili, finanziarie, valutative, strategiche, di informatica forense e compliance, di sostenibilità.
Il beneficio, per gli investitori che decidono di servirsene, si traduce nell’ottenimento di informazioni esaustive ed utili alle loro decisioni, efficientando tempi e costi.
L’approccio combinato ha, inoltre, una finalità preventiva: un acquirente che ottiene una conoscenza trasversale di ciò che sta acquistando, riesce ad avere una maggiore consapevolezza dei punti critici e dei sistemi di controllo da implementare atti a monitorare e mitigare eventuali rischi e problematiche post acquisizione.
Quanto descritto, trae spunto dall’approccio forensic a tutto tondo, dove l’accento non viene posto solo sulle informazioni finanziarie/contabili ma anche, a seconda dei casi, su informazioni di governance e reputazionali, sul funzionamento dei processi aziendali e la loro conformità alle procedure, su dati informatici e la loro fragilità. Se, solitamente, gli esperti forensic agiscono in situazioni post acquisitve, una due diligence integrata persegue l’obiettivo di mitigare i potenziali rischi a monte, poiché tutte le informazioni che ruotano attorno alla target e ai suoi stakeholder vengono analizzate da diverse prospettive prima che la decisione di investimento abbia luogo. Diamo un’occhiata ad alcune di queste prospettive.
Contabili, finanziarie e strategiche: i dati contabili e finanziari sono essenziali per avere una buona panoramica dello stato di salute di una società target. Se da un lato alcuni KPI finanziari possono aiutare a ricostruire il profilo e la performance di una società, il quadro risulta di gran lunga più completo guardando a talune informazioni più critiche anche da un’angolazione differente e caratterizzata da un più marcato scetticismo professionale.
Inoltre, in ottica strategica, un’analisi di mercato potrebbe essere anch’essa utile a comprendere i rischi correnti e futuri del settore, in modo da definire azioni ad hoc per rendere la società target più competitiva nel contesto di mercato in cui opera.
Compliance e Environmental, Social & Governance (ESG): nell’ambito di compliance review e due diligence, si analizzano i sistemi di controllo interno e la loro robustezza rispetto al Dlgs. 231/2001 e successive integrazioni. Sulla base del settore in cui operano le target, gli esperti di compliance analizzano i processi aziendali e le relative procedure che li regolano, identificando le aree più esposte a eventuali rischi, anche in relazione a terze parti coinvolte nella catena del valore (es. fornitori, clienti, agenti). L’obiettivo è determinare se esistano specifici rischi e se le procedure messe in atto siano in grado di monitorare e mitigare l’esposizione a specifici rischi reato. Inoltre, una compliance due diligence consente ad un acquirente di valutare in anticipo la necessità di investimenti post acquisitivi per allineare i processi aziendali alle best practice.
Oggi, nella valutazione dell’esposizione ai rischi reato, viene effettuata anche una valutazione dei rischi ESG della target stessa e dei suoi stakeholder. Spesso, frodi con impatto ESG consistono in atti ingannevoli, come la rendicontazione di informazioni ESG false o fuorvianti (e.g. attività di greenwashing, promozione al pubblico di consigli di amministrazione ispirati a presunti principi di pluralità, ecc.) o la divulgazione mendace di iniziative e parametri ESG. Inoltre, qualora la target non fosse dotata di un solido sistema di controlli interni, le frodi ESG potrebbero anche riflettere aspetti corruttivi (ad es. mancata comunicazione dell’utilizzo del lavoro sommerso o forzato). Soprattutto quando i pacchetti retributivi del top management di un’azienda sono connessi a progressi ESG, vi è una maggiore esposizione a rischi di frode o corruzione in questo ambito.
Cybersecurity: oggi, le problematiche legate alla cybersecurity sono in cima alla lista delle preoccupazioni di un’azienda. Per questo, un’attenta valutazione del livello di sicurezza informatica è la chiave per comprenderne la prontezza nel gestire eventuali data breach.
Corporate intelligence: la reputazione di un’azienda è un aspetto molto delicato e, soprattutto in alcuni settori – si pensi, ad esempio, a quello del lusso – costituisce “l’asset” più importante da tutelare. Quando, nell’ambito di un’operazione commerciale, emergono informazioni negative su una società target o su alcuni membri della proprietà o della governance, queste rischiano di diventare un dealbreaker in un batter d’occhio.
Analisi di informazioni provenienti da fonti pubbliche rivelano importanti informazioni sulla storia aziendale, la proprietà, la governance, i dipendenti, eventuali contenziosi, sanzioni internazionali, protesti, procedure fallimentari; indagini riservate effettuate da professionisti nel settore, scoprono spesso carte inaspettate, generalmente fornite da concorrenti, specialisti del settore, ex dipendenti, forze dell’ordine.
Tutte le angolazioni descritte, combinate, garantiscono ad un investitore un significativo vantaggio competitivo. Ad esempio, una compliance due diligence permetterà una conoscenza approfondita dei processi della target, rendendo più agevole il processo di integrazione post-deal.
Una due diligence reputazionale combinata ad un’analisi ESG, consentirà di identificare potenziali red flag su amministratori e persone chiave, utile ad evitare danni di immagine, soprattutto se l’immagine è tutto, o quasi. Una copia forense del sistema contabile in essere prima del closing di un’operazione commerciale, garantirà la preservazione dei dati, utili in caso di criticità post acquisitive.
Se ogni aspetto analizzato ha un ruolo nell’ambito del processo decisionale di un investitore, lo strumento dell’integrated due diligence non può che essere un’occasione per gestire in maniera accorta e lungimirante qualunque rischio.


Capsula
Il processo di digitalizzazione in atto ha impattato e cambiato numerosi settori e mercati. Lo sviluppo di servizi digitali connessi alla rete ha prodotto trasformazioni spesso radicali e irreversibili. Tuttavia, nel nostro Paese, il campo medico ed il settore healthcare, sono stati solamente sfiorati da questo processo di digitalizzazione.
Una start-up italiana sta, però, portando una ventata d’aria fresca in questo ambito. Spin off di un progetto avviato nel 2008 dal Politecnico di Milano, Capsula è stata fondata nel luglio del 2019 dall’ingegnere biomedico Alessandro Nizardo Chailly insieme all’ingegnere Giuseppe Andreoni, attuale direttore scientifico di Capsula e di GIMA S.p.A..
Da allora Capsula si è posta l’obiettivo di innovare il campo medico ed il mercato healthcare introducendo l’ecosistema phygital, nato dalla combinazione di touchpoint fisici con un ecosistema digitale.
L’ecosistema phygital consente agli utenti di usufruire di numerosi servizi per la cura della propria salute, ricevere un feedback sul loro stato di benessere e connettersi direttamente a vari specialisti del campo.
La prima capsula ideata dal team dell’Ing. Nizardo Chailly è la Capsula lifestyle, con l’obiettivo di portare gli utenti al raggiungimento di una maggiore consapevolezza del proprio stile di vita e dell’importanza della prevenzione. Capsula lifestyle, infatti, permette di effettuare autonomamente un semplice test di pochi minuti, attraverso una user experience intuitiva, coinvolgente e multilingue.
La piattaforma software di Capsula è in continua evoluzione, nel corso del 2023 infatti il team di Capsula introdurrà nuovi elementi come i test della vista e dell’udito e implementerà un Lifestyle Assessment, un report in grado di fornire ad ogni utente una valutazione complessiva del proprio benessere, grazie all’elaborazione dei dati e alla compilazione di questionari validati da specialisti del settore.
Capsula lifestyle è quindi un potente strumento di ingaggio, uno spazio dove scoprire il proprio stile di vita e comprendere il proprio benessere. Per questo motivo, Capsula lifestyle è già stata installata da diverse aziende leader di svariati settori (tra cui AON, A2A , Coldiretti, IPER, PWC e Reale Mutua) per ampliare i propri servizi di wellfare aziendale ed investire sul benessere dei propri dipendenti e clienti.
Le novità introdotte da Capsule non finiscono qui. Oltre alle numerose innovazioni introdotte nell’ambito del lifestyle e del benessere individuale, Capsula ha infatti progettato due ulteriori modelli di capsule, sviluppati specificamente per il settore ospedaliero ed i professionisti di tale settore:
Capsula totem, è la soluzione per snellire il processo di triage, offrendo una postazione in cui il paziente del pronto soccorso può essere accolto con un questionario anamnestico personalizzato e multilingue che precede l’auto-misurazione dei parametri vitali, oltre a permettere la ripetizione delle misurazioni durante l’attesa. Queste informazioni possono essere integrate con il software gestionale della struttura sanitaria.
Capsula Clinic permette di realizzare il teleconsulto medico, supportato dall’utilizzo contemporaneo di strumentazione diagnostica. La soluzione è personalizzabile per diversi casi d’uso e si rivolge al sistema sanitario e ai gruppi clinici. Capsula Clinic è già stata testata con successo in Puglia, dove alcuni pazienti oncologici del Policlinico di Bari hanno potuto effettuare le visite di routine senza doversi recare presso le gli ambulatori dell’ospedale.
All’interno dei player che stanno operando il processo di digitalizzazione in campo medico nell’industria ospedaliera, Capsula si distingue come leading provider di un ecosistema phygital, permettendo a dottori e pazienti di connettersi in un marketplace ibrido in cui consulenze e servizi medici sono facilmente accessibili da chiunque e ovunque.


Il mercato residenziale ha raggiunto il picco massimo del suo ciclo? L’esempio di Milano
La pandemia Covid-19 ha sensibilmente influenzato l’economia globale, portando con sé cambiamenti in numerosi settori, incluso, in particolare, quello relativo al mercato immobiliare.
L’emergenza sanitaria si è posta all’origine del cambiamento dei paradigmi economici che esistono dal 2010. L’Eurozona sta attualmente affrontando un significativo aumento del tasso di inflazione, il quale ha raggiunto un livello pari a 9,2% nel dicembre 2022, dato più alto dall’inizio degli anni ’80. Inoltre, per i cittadini, l’accesso ai mutui è diventato gradualmente più difficile a causa della politica monetaria restrittiva, messa in atto dalla Banca Centrale Europea, che si è resa necessaria a seguito del contesto economico formatosi.
Tuttavia, nonostante il quadro economico avverso e in contrasto con le crisi economico-finanziarie precedenti, il prezzo al metro quadro delle proprietà ad uso residenziale sul territorio di Milano non ha subito alcuna significativa flessione, bensì ha registrato una crescita costante trainata in particolare da alcune specifiche zone della città (fig. 1)

In tale contesto, si sono imposte due teorie opposte: da un lato, si ritiene che il costante aumento del prezzo delle abitazioni esistenti a Milano sia giustificato dalla sua natura unica in Italia di principale piazza economico-finanziaria, che la protegge dai cicli economici; dall’altro lato c’è parziale preoccupazione di trovarsi davanti ad una probabile bolla del mercato immobiliare sul punto di deflagrare.
1. Panoramica dell’andamento del prezzo al metro quadro degli immobili ad uso residenziale
In base ai dati raccolti da Statista e Idealista, e in accordo con le quotazioni fornite dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (“OMI”), il prezzo medio delle abitazioni nel Comune di Milano è passato da 3.591 €/mq nel 2012 a 4.940 €/mq nel 2022.
Il perimetro rappresentato dal Comune di Milano corrisponde all’area osservabile in fig. 2, differenziandosi dalla definizione più ampia di città metropolitana.

Il tasso di crescita annuo relativo all’arco temporale selezionato, 2012-2022, risulta essere pari al 3,2%; mentre il tasso di inflazione italiano, considerando lo stesso orizzonte temporale, si attesta mediamente all’1,7% annuo (fonte: BCE).
Il prezzo al metro quadro degli immobili a Milano, quindi, è cresciuto quasi due volte più velocemente rispetto al tasso di inflazione.
Nel grafico sottostante (fig. 3) possiamo osservare l’andamento dei prezzi al metro quadro medio degli immobili a Milano in confronto ai prezzi al metro quadro che si sarebbero manifestati nel caso in cui la crescita annuale fosse stata pari al tasso di inflazione italiano.

Il grafico evidenzia due distinte fasi:
Dal 2012 al 2018, il prezzo al metro quadro realmente osservato è rimasto al di sotto del prezzo inflazionato. Questo fenomeno è attribuibile alla tendenza al ribasso dei prezzi al metro quadro che ha caratterizzato Milano, così come altre città d’Italia, conseguentemente alla crisi immobiliare e finanziaria globale del 2008.
La curva dei prezzi decrescente inverte il proprio trend intorno agli anni 2015/2016 in seguito all’organizzazione dell’EXPO di Milano che ha inevitabilmente aumentato l’interesse verso la città stessa, anche attraverso la riqualificazione di intere zone e quartieri (es. Porta Nuova).
Inoltre, contestualmente all’avvento dell’EXPO, il Comune di Milano ha visto sorgere il quartiere di CityLife, che nasce da un progetto di riqualificazione di FieraMilanoCity e che ad oggi ospita lussuosi condomini e grattacieli all’avanguardia.
A seguito di un progressivo innalzamento del prezzo dei palazzi in questa zona, il prezzo medio al metro quadro relativo alla zona semicentrale (delimitata a Nord dal quartiere Centrale, a Sud da Solari/Navigli, a Est da Porta Venezia e a Ovest da CityLife) di Milano è stato influenzato al rialzo.
Dal 2018 al 2022, il prezzo al metro quadro realmente osservato ha registrato un’importante crescita media annua pari all’8,1%, aumentando ad un ritmo sensibilmente più sostenuto rispetto all’inflazione nello stesso periodo, pari al 2,5% all’anno. È possibile, quindi, affermare che, negli ultimi quattro anni, vi è stata una forte la disparità tra lo sviluppo del settore residenziale e l’aumento medio della qualità della vita.
In aggiunta, è interessante osservare come nell’orizzonte temporale compreso tra il 2020 ed il 2022, il prezzo medio al metro quadro nel Comune di Milano non ha subito nessuna forte variazione al ribasso, come avvenuto ad esempio successivamente alla crisi del 2008, quanto piuttosto ha continuato il suo trend di crescita.
In ultimo, nonostante il sensibile aumento del tasso di inflazione nel 2022, il prezzo delle abitazioni non ha subito alcuna significativa ripercussione.
2. Analisi demografica e salariale relativa alla città di Milano (analisi della domanda)
Alla base dell’aumento dei prezzi degli immobili a Milano c’è sicuramente la forte crescita della domanda in opposizione ad una offerta limitata. La forte domanda sarebbe, quindi, alla base di un costante aumento dei prezzi al metro quadro, ponendo in secondo piano il contesto economico sottostante.
Al fine di analizzare il comportamento relativo alla domanda degli immobili nel Comune di Milano è utile andare ad analizzare la situazione demografica, nonché la condizione salariale dei suoi abitanti.
L’area sottostante il Comune di Milano, secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’ISTAT e dallo stesso Comune, nel 2022, conta 1,35 milioni di abitanti. Da una analisi dell’andamento storico (fig. 4) è possibile notare che il 2019 è stato l’anno in cui il numero di abitanti ha toccato il picco massimo raggiungendo 1,4 milioni. Dal 2020 in avanti, come conseguenza alla crisi pandemica, Milano ha visto un calo della propria popolazione accentuato e reso possibile dall’introduzione dello smart working.

In aggiunta all’analisi demografica, risulta utile osservare l’andamento dei salari e, quindi, del potere d’acquisto, dei lavoratori in Italia. Storicamente, l’andamento dei salari a Milano, nonostante tendenzialmente più elevato in valore assoluto rispetto al resto d’Italia, ha sempre seguito il trend generale italiano. I dati utilizzati sono stati resi disponibili da Statista e dall’OECD.
Dal 2012 al 2022 il salario medio italiano è aumentato dello 0,8% all’anno, mentre il tasso di inflazione, quindi il costo della vita, è aumentato mediamente del 1,7% all’anno nello stesso orizzonte temporale.
Facendo, inoltre, un confronto a prezzi costanti (in continuità con lo studio condotto da Open Polis) si può osservare una crescita negativa dei salari dal 2012 al 2022 (fig. 5).
La particolarità di Milano è quella di seguire, all’interno del settore residenziale, il trend di crescita delle principali città europee, seppur in maniera più contenuta. La stessa osservazione, però, non può essere effettuata anche per la crescita dei salari, la quale risulta essere più sostenuta nelle altre grandi città europee.

Nonostante il trend del numero di abitanti nel Comune di Milano e del loro potere d’acquisto sia decrescente, la domanda di immobili a Milano non ha subito inflessioni.
Secondo una survey condotta da Knight Frank, l’Italia si è confermata la quinta destinazione più popolare dove comprare una seconda casa: nello specifico, Milano risulta essere la seconda città italiana con maggiore attrattività, seconda solo a Roma. Il risultato di questa survey è molto rilevante se unito a quanto scritto da Antonio Vanuzzo, Sonia Sirletti e Luca Casiraghi su Bloomberg nell’articolo, Milan Luxury Real Estate Booms as Bankers Leave London for Italy. Si fa, infatti, espresso riferimento all’ulteriore aumento dei prezzi delle case di lusso a Milano, soprattutto a seguito della migrazione dei banker da Londra. Nello specifico, oltre a diversi altri vantaggi, tra cui quelli fiscali, Milano risulta essere una meta geograficamente strategica: si trova ad un’ora di volo dal centro finanziario di Francoforte, a sole due ore di macchina dalla costa mediterranea e dalle stazioni sciistiche alpine.
Secondo Giovanni Raffa, private banker di Credit Suisse GroupAG, «la forza di Milano è quella di essere ben collegata ai principali hub dell’Europa continentale e offrire uno stile di vita di alta qualità».
La domanda degli immobili sembra, quindi, essere sostenuta principalmente da investitori stranieri attraverso capitale straniero; essi, infatti, si affacciano al mercato immobiliare milanese con un maggiore potere di acquisto, a fronte di una evoluzione dei prezzi al metro quadro a sconto rispetto al loro luogo di provenienza.
3. Driver in grado di spiegare l’aumento dei prezzi del settore residenziale a Milano
Il settore immobiliare a Milano ha subito diversi cambiamenti negli ultimi anni e questo processo sembra essere in accelerazione. Questa tendenza è in linea con altre grandi città europee dove la riqualificazione delle aree dismesse e lo smark working aprono nuove opportunità.
Negli ultimi 10 anni, Milano ha sperimentato una straordinaria trasformazione che continua ancora oggi: EXPO 2015 è stato lo stimolo che ha trasformato la città in un luogo dove la gente vuole vivere, lavorare e viaggiare.
Il settore residenziale a Milano si è caratterizzato per una sensibile crescita in termini di prezzo al metro quadro, non facilmente riconducibile e giustificabile attraverso un’analisi demografica e salariale, nonché dell’offerta presente sul mercato. In aggiunta, Nomisma ha previsto un ulteriore aumento dei prezzi del 4,0% nel 2023 e del 3,2% nel 2024. Si rende così necessario cercare di identificare quali possono essere i driver in grado di sostenere questa costante crescita.
I trend principali identificati vengono analizzati di seguito.
Riqualificazione aree dismesse
In primo luogo, le istituzioni comunali e regionali hanno previsto e stanno incominciando ad attuare una serie di provvedimenti che prevedono la riqualificazione di sette scali ferroviari dismessi e le estensioni sotterranee verso l’hinterland milanese, oltre alla nuova linea della metropolitana M4. Queste opere urbanistiche continueranno la rigenerazione di Milano con effetti positivi sul mercato immobiliare e la definizione di nuovi sottomercati.
Particolare attenzione merita la riqualificazione dello Scalo di Porta Romana, il quale ospiterà anche il Villaggio Olimpico di Milano-Cortina 2026 che verrà successivamente convertito in uno studentato.
Il Villaggio Olimpico rappresenta il primo tassello del grande progetto di rigenerazione urbana dello Scalo di Porta Romana, riflettendo lo “spirito olimpico” di Milano. Tale area offrirà uno spazio funzionale primario per le Olimpiadi invernali 2026, ma diventerà poi un bene della comunità cittadina.
Lo Scalo di Porta Romana è situato nel settore urbano sud della città, tra via Ripamonti e Corso Lodi. A seguito del Villaggio Olimpico, lo Scalo costituirà un nuovo polo per la città, connettendo la parte centrale all’hinterland: all’interno saranno presenti diverse tipologie di servizi pubblici, piazze e piani terra aperti a tutti, aree verdi ed esercizi commerciali.
Questo progetto, insieme alla riqualificazione anche degli altri sei scali ferroviari dismessi, permetterà alla città di Milano di continuare ad aumentare la propria attrattività, richiamando l’attenzione sia di investitori domestici che stranieri.
Il real estate come opportunità di investimento
In secondo luogo, secondo il Wealth Report 2022 redatto da Knight Frank, la parte di popolazione più abbiente sta puntando al mercato immobiliare.
Da una survey sottoposta a 500 professionisti (banker, advisor e family officer) si percepisce che, nel contesto storico ed economico in cui ci troviamo, il real estate si conferma come una delle migliori opportunità di investimento (nella specie, per il 46,0% degli intervistati), principalmente per due motivi:
o rappresenta uno scudo contro l’aumento del tasso di inflazione; e
o contribuisce alla diversificazione del portafoglio di investimento.
Nel caso specifico relativo al settore residenziale di Milano si può aggiungere una terza caratteristica: la liquidità del mercato. Questo settore, infatti, si caratterizza per un basso rischio di liquidità rispetto al rischio che solitamente è insito in questo mercato, in quanto si è statisticamente osservato che il tempo medio di collocamento di un immobile è pari a:
o immobile nuovo, 1-2 mesi; e
o immobile usato, 3-4 mesi.
Il Co-living
Per ultimo, il co-living rappresenta la nuova frontiera dell’abitare insieme e sta ridefinendo il modo di vivere nelle principali metropoli europee, tra cui anche Milano. Si tratta di un modello immobiliare che consiste nell’affitto di abitazioni all’interno di edifici che condividono spazi in comune. Il canone di locazione è tendenzialmente a breve termine dato che il target a cui si riferisce è quello di persone giovani, neolaureati oppure lavoratori, soprattutto in ambiti tecnologici, politica e finanza, che non sono legati ad un posto di lavoro fisso.
Questi ultimi anni, caratterizzati dalla pandemia Covid-19, hanno modificato le abitudini delle persone. Le restrizioni sociali e i nuovi modelli di lavoro, come lo smart working, hanno spinto sempre più persone a rivalutare le proprie esigenze abitative.
Questo fenomeno risponde anche al senso di solitudine che si è diffuso in seguito alle restrizioni dovute alla pandemia: infatti, grazie a questa soluzione abitativa, è possibile garantire una rete sociale solida e di condivisione in grado di conferire un profondo valore umano. Inoltre, questo nuovo trend rende possibile a molti giovani di abitare all’interno del centro delle città, che solitamente si presenta come troppo costoso.
Sempre più investitori colgono nel co-living notevoli opportunità di crescita e di sviluppo: in questo modo sostengono la domanda e riducono l’offerta di immobili, contribuendo a mantenere alti i prezzi di questi ultimi.
Infine, l’accrescere dell’interesse verso questo fenomeno potrebbe, inoltre, aumentare indirettamente i prezzi del mercato residenziale in quanto gli stessi genererebbero maggiori frutti in termini di locazione.
4. Conclusione
Milano è sempre stata considerata la migliore e più sviluppata piazza economica e finanziaria italiana. Oggi Milano è sinonimo di crescita, innovazione e sviluppo.
Come si è potuto vedere all’interno del presente articolo, il settore residenziale relativo al Comune di Milano presenta un ritmo di crescita pari a due volte il tasso di inflazione. Tale crescita è giustificata dall’allineamento del trend di crescita del settore residenziale di Milano con quello delle principali città europee, nonostante la stessa osservazione non possa essere effettuata anche per la crescita dei salari, la quale risulta essere più sostenuta nelle altre grandi città europee.
Per concludere, il mantenimento di un mercato immobiliare in una dinamica così competitiva è riconducibile principalmente al capitale di investitori esteri che approfittano delle opportunità di investimento generate da quelli che vengono identificati come i trend principali, che in estrema sintesi, sono i seguenti:
o riqualificazione aree urbane, tra cui lo Scalo di Porta Romana che ospiterà il Villaggio Olimpico;
o le opportunità di investimento insite nel settore immobiliare conseguentemente al contesto economico attuale (caratterizzato da una potenziale recessione globale post-pandemica e un forte aumento del tasso di inflazione); e
o il fenomeno del co-living.
____________


Sophie Chassat
Filosofa, Partner di Wemean
Riappropiarsi della semplicità
Smettere di vedere tutto attraverso il prisma della complessità: questa è senza alcun dubbio la sfida più difficile da affrontare oggi, a causa del sopravvento del paradigma del “pensiero complesso” (Edgar Morin [1]).
La semantica di ogni giorno ne è prova concreta: tutto è “sistemico”, “ibrido”, “olistico” o “fluido”. Da qualsiasi parte si guardi, il mondo “VUCA” (acronimo di Volatile, Uncertain, Complex e Ambiguous [2]) sembra estendersi a perdita d’occhio.
Tuttavia il dogma della complessità, se applicato indistintamente a qualsiasi situazione, rischia di compromettere la comprensione, la capacità di agire e la responsabilità. In primo luogo, viene minata la comprensione, in quanto ci impone una rappresentazione barocca del mondo dove ogni cosa è intricata, dove la parte è nel tutto ma il tutto è anche nella parte [3], dove le cause di un evento sono indeterminabili e soggette agli effetti retroattivi delle loro stesse conseguenze [4]. Indirizzando la ricerca della verità a un approccio più riduttivo e mutilante della realtà, viene inoltre incoraggiata l’equivalenza delle opinioni e si accentuano le lacune dell’era della post-verità [5].
In secondo luogo si perde la capacità di agire perché, dal momento in cui tutto diventa complesso, come è possibile non farsi prendere dal panico e dalla paralisi? Da dove partire se, non appena viene toccato un solo filo del tessuto della realtà, l’intera spola rischia di ingarbugliarsi ancora di più? L’inerzia di fronte al cambiamento climatico deriva anche dalla rappresentazione di tale problema come qualcosa di infinitamente complesso e dall’idea che il minimo tentativo di azione solleverebbe questioni ancora peggiori.
La narrazione del battito d’ali di farfalla in Brasile che genera un uragano all’altro capo del mondo conduce all’inerzia e all’inettitudine. Eppure “il segreto dell’agire è iniziare”[6], come sostiene il filosofo Alain.
“È complicato” diventa quindi una scusa per non agire. Nonostante la condizione in cui versa il mondo richieda, ora più che mai, un maggior impegno all’azione, oggi viviamo un grande disinteresse, percepibile sia nel mondo civile che in quello professionale.
Relativamente ai suoi effetti, il dogma della complessità porta ad annullare la responsabilità individuale. Imparare a pensare, agire e vivere con semplicità appare quindi più urgente che mai. Ma il percorso non è facile. Come ha affermato l’architetto minimalista John Pawson: “La semplicità in realtà è molto difficile da raggiungere. Richiede cura, pensiero, conoscenza e pazienza” [7]. A questa lista di ingredienti si potrebbe aggiungere anche il “coraggio”, il coraggio di mettere in discussione una rappresentazione trionfante della realtà che forse è propria di una delle maggiori ideologie contemporanee.
____________
[1] Alain, tradotto dal francese “Le secret de l’action, c’est de s’y metre”
[2] Il libro “Minimum” di John Pawson venne pubblicato per la prima volta nel 2006
[3] Edgar Morin definisce tale concetto “principio olografico”
[4] Denominato da Morin “principio ricorsivo”
[5] Possibile interpretazione di un ulteriore principio del pensiero complesso, il “principio dialogico”
[6] Alain, tradotto dal francese “Le secret de l’action, c’est de s’y metre”
[7] Il libro “Minimum” di John Pawson venne pubblicato per la prima volta nel 2006


INTERVISTA A STEFANIA EMANUELE, JOINT HEAD OF ITALY DI PRADERA

Iniziamo da voi, puoi darci una breve descrizione di Pradera?
Pradera è una società di investimenti immobiliari a destinazione retail di respiro internazionale, con un portfolio di circa 3,4 miliardi di Euro distribuito nel continente europeo tra Regno Unito, Germania, Polonia, Francia, Spagna e Turchia, solo per citare i principali paesi. Uscita dal mercato cinese con la cessione di beni per 1,2 miliardi di Euro, Pradera sta proseguendo con i suoi progetti di sviluppo in altre aree geografiche e, proprio nell’ultimo periodo, sta lavorando su un importante mandato tramite una joint venture (Pradera Vindico) con un partner locale, espandendosi nel Middle East ed in particolare negli Emirati Arabi.
Pradera è storicamente associato ai retail park come prodotto core nel suo portafoglio immobiliare. In Italia, però, dopo la cessione del Meraville di Bologna, i suoi parchi commerciali sono rimasti tre: a Catania, Bari e in provincia di Lodi a San Rocco al Porto.
Com’è cambiata la strategia di sviluppo dopo la pandemia e soprattutto a fronte della crisi economica che stiamo vivendo?
La strategia di sviluppo in Italia non è particolarmente diversa da quella degli ultimi anni: vogliamo rappresentare per il mercato un punto di riferimento nei centri commerciali e nei retail park, essere uno degli attori più importanti per fornire servizi di asset management (con anche riscossione affitti, parte tecnica, leasing) a investitori terzi, che non conoscono bene le dinamiche locali.
Pradera da sempre persegue ciò in due maniere: investendo direttamente con fondi propri, gestiti dalla casa madre, oppure per conto terzi individuando player con cui sviluppare partnership.
Negli ultimi 12-18 mesi, abbiamo studiato qual è il modo migliore per facilitare gli investimenti che già esistono e per attrarre nuovi capitali, visto che il mercato dei centri commerciali in Italia non è proprio il più attrattivo in questo momento. La soluzione migliore è stata quella di costituire un veicolo finanziario caratterizzato da una struttura fiscale ottimizzata: ecco perché la scelta della Sicaf – Pradera Real Estate Investment Sicaf SpA, approvata da Banca d’Italia, detenuta al 92% da Pradera Management Italy e per il residuo 8% dal fondo americano di investimento Crestline Investors Inc.
Siamo già operativi: abbiamo attratto in Italia un investitore nuovo per il nostro paese, Crestline Investment Inc, acquisendo due centri commerciali, uno nel Sud, a Montenero di Bisaccia, l’altro nel Nord, a Vigevano.
L’idea è quella di replicare la struttura per accogliere nuovi investimenti, non limitatamente a centri e parchi commerciali, ma anche portafogli, principalmente appartenenti alla GDO sales and lease back che negli ultimi tempi si stanno dimostrando essere target interessanti per investitori stranieri più core.
A proposito degli acquisti da fondi giunti a maturity, qual è l’efficacia nell’utilizzo delle polizze Warranty & Indemnity (W&I) in tale circostanza?
La polizza assicurativa W&I è uno strumento strategico che permette di trasferire al mercato assicurativo il rischio connesso alle potenziali future perdite economiche derivanti da un evento che ha generato una violazione delle dichiarazioni e garanzie (reps & warranties) del soggetto venditore, contenute all’interno del contratto di compravendita – nel caso in discussione, il fondo giunto a maturity.
Confermo che la W&I è stata oggetto di attenzione anche in Italia in tempi non lontani per garantire la chiusura dei fondi senza che rimanessero pendenze legate a garanzie, che, come sappiamo, nel nostro paese sono vincolate a scadenze di legge non sempre brevi, una per tutte i tempi di decadenza degli accertamenti fiscali.
Qual è l’impatto dell’aumento dei tassi di interesse sugli investimenti nel real estate?
Purtroppo dopo una flebile ripresa post covid, oggi ci troviamo a fronteggiare una grave crisi economica che ha visto un aumento non solo dell’inflazione in molti Paesi Europei (con conseguente contrazione dei consumi), ma anche un aumento dei tassi manovrati dalle Banche Centrali nell’ambito della conduzione della politica monetaria. Gli ultimi quindici anni sono stati caratterizzati da una crescita dei prezzi piuttosto bassa. Gli stimoli monetari trasfusi nel sistema finanziario per fronteggiare la crisi da COVID-19, tuttavia, hanno avuto un impatto sulla richiesta di beni e servizi.
Nel settore immobiliare, l’innalzamento dei tassi di interesse si ripercuote negativamente sul costo del debito, rendendolo meno accessibile, o meglio meno attraente. Gli investitori, infatti, fanno spesso ricorso in parte al debito bancario per ottimizzare i rendimenti attesi. Il debito bancario dovrebbe essere meno costoso dell’equity e quindi ridurre i costi finanziari. Con l’aumentare dei tassi, purtroppo, questa riduzione è impercettibile.
La conseguenza è che i player interessati ad investire, dovendo garantire un rendimento minimo ai propri sottoscrittori, sono obbligati ad aumentare i cap rate. In questa situazione, domanda e offerta si scontrano e l’effetto è che negli ultimi anni le transazioni di immobili a destinazione retail hanno subito una forte contrazione perché la forbice tra prezzo atteso e prezzo offerto si è ampliata. In questa situazione, le poche transazioni interesseranno principalmente investitori che devono tassativamente affrontare un exit, avendo raggiunto maturity date.
A quanto sopra si aggiunge la persistente incertezza sulle tempistiche della ripresa economica che contraddistingue il nostro scenario macroeconomico, che richiede un maggior grado di prudenza da parte degli operatori italiani e stranieri coinvolti in operazioni di finanza straordinaria. Questo aspetto si concretizza nel ricorso a strutture alternative di garanzia che possano proteggere il valore dell’investimento contro potenziali rischi successivi alla chiusura dell’operazione.
Certo è che tali strumenti, che come anticipato si sono affacciati in Italia con il solito ritardo rispetto ai paesi anglosassoni, e che ad oggi hanno dei costi sostenibili, hanno ancora alcuni oneri e limiti quali la necessità di svolgere due diligence in connessione a tutte le potenziali Rep & Warranties e la mancata copertura di alcune indennità e garanzie come quelle fiscali. In particolare, il limite alle garanzie si manifesta in connessione con i contenziosi noti ma con incertezza nella realizzazione dell’evento, dell’ammontare e/o della eventuale data di sopravvenienza.
Nello scenario retail attuale vi sono alcune transazioni per cui i fondi in chiusura sono disposti a cedere a prezzi maggiormente scontati ma con la formula “visto e piaciuto”, non contemplando quindi l’onerosa attività di due diligence e con la concessione di limitate indennità e garanzie. In tali casi, come evidente, attivare una polizza W&I non è efficiente. Fortunatamente i player assicurativi stanno studiando nuovi strumenti più flessibili e focalizzati in modo da poter concedere una tutela anche in situazioni non standard.
In ambito immobiliare, nel Nord Italia, è stato notato che i prezzi al metro quadro di alcune asset class (residenziale, uffici, logistica) negli ultimi anni sono aumentati in modo più che proporzionale rispetto all’inflazione. Quali sono stati i risvolti nella stessa zona del mondo retail?
Purtroppo non c’è una grande connessione tra mondo retail e le altre asset class. Come ho accennato sopra, il retail ha subito una flessione molto importante. Solo alcuni Asset Prime (centri e parchi commerciali prime) hanno mantenuto il loro valore anche a fronte di una bassa domanda di mercato su tale privilegiata categoria.
In particolare, la bassa attrattività del mercato retail si sperimenta a causa: i) del persistere di contratti con tenants di lunga durata che non permettono ricontrattazioni al rialzo nel breve, ii) di una sempre maggiore competizione nel business dei centri commerciali, iii) di leggi amministrative regionali e locali che rendono complessa la gestione e la comprensione dell’investitore sugli oneri e vincoli e iv) spesso della mancata possibilità di ampliamento degli spazi.
I fattori appena elencati determinano nel breve una redditività dell’investimento molto bassa; per tale motivo, l’investimento nell’asset class retail risulta poco attrattiva per gli investitori opportunistici.Solo gli investitori “core” hanno effettivamente le competenze e soprattutto le tempistiche necessarie a rendere profittevoli ed interessanti per i loro sottoscrittori tali investimenti.
Ad oggi, tuttavia, si nota che gli investitori “core” si stanno concentrando principalmente, su asset class più “semplici” come gli asset logistici.